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Gustav Klimt,

Gustav Klimt, “Giuditta II”. Venezia, Ca’ Pesaro.

Venezia affonda, anche sotto i debiti. Lo stato disastroso dei conti della Serenissima ha spinto il sindaco Luigi Brugnaro a lanciare l’infelice proposta di mettere in vendita alcune opere del museo di Ca’ Pesaro per risolvere il problema. La scelta è caduta su un quadro di Klimt, la celeberrima Giuditta II, e uno di Chagall, poiché secondo i collaboratori del primo cittadino questi “non hanno nulla a che vedere con la storia artistica e culturale di Venezia”.

È chiaro che Brugnaro non potrà vendere un bel niente, nonostante l’inatteso sostegno di Vittorio Sgarbi (che curiosamente per commentare la notizia ha pubblicato su facebook una foto della Giuditta stampata su… piastrelle), ma la vicenda è sintomatica della miopia degli Italiani, che conservano un diffuso pregiudizio nei confronti di tutto ciò che è stato realizzato dopo il Settecento e / o al di fuori dei loro confini nazionali e sono scarsamente interessati alle dinamiche di scambio culturale: “Beh insomma, parliamo di quadri di modernariato […] non c’entrano nulla con i quadri diciamo storici della città o cose del genere. Non c’entrano nulla con l’antichità” ha dichiarato l’improvvido sindaco.

La Salomè del Battistero di San Marco

La Salomè del Battistero di San Marco

Come ha fatto notare Alfred Weidinger, vicedirettore del Belvedere di Vienna e studioso di Klimt, “se il sindaco va nella Basilica di San Marco, nel Battistero vedrà una Salomè con abito rosso, che vide anche Gustav Klimt, quando nel 1899 era a Venezia con Alma Mahler. Fu da lì che ebbe inizio il suo periodo aureo, che dunque è anche un prodotto dei mosaici della Basilica di San Marco. E al termine di quella fase artistica si colloca proprio Giuditta II, del 1909, che altro non è se non una Salomè”. Ma, si sa, la storia dell’arte è un continuo alternarsi di dare e avere: il quadro fu acquistato dalla città di Venezia in occasione della Biennale del 1910, dove a Klimt era stata dedicata un’intera sala; l’opera “diventa subito un simbolo del moderno, poteva anche figurare una sorta di fiaccola del ‘secessionismo’ che serpeggiava come vaga utopia anche tra i giovani artisti veneziani” (Nico Stringa, in Secessione e avanguardia. L’arte in Italia prima della Grande Guerra 1905-1915, catalogo della mostra a cura di S. Frezzotti, 2014, p. 48).
Se non sono legami ‘artistici e culturali’ questi.

La sala dedicata a Gustav Klimt alla Biennale di Venezia del 1910.

La sala dedicata a Gustav Klimt alla Biennale di Venezia del 1910.